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Corte di cassazione – reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte per mezzo di un trust

Corte di cassazione – reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte per mezzo di un trust

Non è possibile affermare che il trust sia, in quanto tale, un istituto volto a scopi illeciti ed in particolare, ad integrare il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (ex art. 11 del D.lgs. 74/2000). Deve essere dimostrato il dolo specifico volto alla sottrazione di beni all’Erario quale finalità prevalente.

Così si è espressa la Cassazione penale con sentenza del 25.7.2017 n. 36801, in merito ad un ricorso avverso  una sentenza della Corte di Appello di Trieste.

Oggetto del contendere erano le vicende di un soggetto che aveva conferito in tempi sospetti parte dei frutti di un precedente reato (per il quale tuttavia era stato assolto in primo grado) in un trust e per i quali l’Erario vantava verso lo stesso un credito tributario.

Ad essergli contestato era l’art. 11 del D.lgs. 74/2000, ovvero il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.

Il soggetto era ricorso in Cassazione in quanto sosteneva, insieme ad altre motivazioni, che il trust era stato al tempo costituito ai fini della pianificazione del passaggio generazionale dello stesso, e non per sottrarre parte del suo patrimonio alle pretese dell’Erario..

Per meglio comprendere la vicenda si precisa che il soggetto chiamato in giudizio era sposato, ed entrambi i coniugi risultavano avere figli da precedenti relazioni.

Il ricorrente, ricopriva sia il ruolo di settlor che di beneficiario del trust, e la di lui moglie svolgeva la funzione di trustee.

La Corte di Appello, indagando l’atto istitutivo di trust, aveva notato che lo stesso attribuiva al settlor poteri assai rilevanti tra i quali “il potere di revocare e/o sostituire il trustee”, che sostanzialmente neutralizzavano le prerogative del trustee (il quale poteva essere in qualsiasi momento esautorato dalla propria funzione).

Ancora, la Corte così richiamava: “Il settlor non aveva quindi solo il potere di indirizzare lettere dei desideri, ma aveva il potere di revocarlo in qualsiasi momento, senza giusta causa, significativo del fatto che il vero dominus ed effettivo titolare dei beni segregati fosse il disponente”.

Date le caratteristiche del trust, non si era quindi realizzato lo spossessamento del patrimonio poichè “ove risulti che la perdita del controllo dei beni da parte del disponente sia solo apparente, il trust è nullo (sham trust) e non produce l’effetto segregativo che gli è proprio”.

La Corte di appello era quindi pervenuta “alla conclusione di considerare la natura fraudolenta del trust in presenza di dati oggettivi ritenuti sufficienti per connotare il carattere fraudolento dell’operazione”.

A tal proposito, è stato precisato che, al fine di evitare che il trust, in considerazione dei più svariati motivi per cui può essere costituito, possa diventare un facile strumento di elusione di norme imperative, il programma di segregazione deve corrispondere solo allo schema astrattamente previsto dalla Convenzione” dell’Aja del 1° luglio 1985 (ratificata nella legislazione italiana dalla Legge 16 ottobre 1989, n. 364).

Non essendo un trust convenzionale, l’imputato aveva fatto uso dello strumento al principale fine di impedire la riscossione coattiva del suo ingente debito tributario e non invece per disciplinare i diritti successori dei figli.

La sentenza della Cassazione è importante in quanto stabilisce che, sì il trust può essere utilizzato in modo distorto (come d’altronde qualsiasi altro istituto giuridico), ma non è, di per sé, negozio atto alla realizzazione di scopi illeciti ed, in particolare, ad integrare il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte a meno che non venga indagata e provata la volontà di sottrarre il patrimonio altrimenti necessario a soddisfare le legittime richieste dell’Erario.

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